Descrizione
I giorni che precedono il Natale sono tra i più freddi dell’inverno islandese. E questa volta bisogna tenersi pronti a una tempesta eccezionale prevista per la notte della Vigilia. Dýja se lo sente ripetere dalla sorella meteorologa, preoccupata per i fenomeni climatici estremi cosíì come per l’organizzazione della tradizionale cena festiva. Evento al quale Dýja non parteciperà perché, come al solito, è di turno. Ma a lei non dispiace: più che un lavoro, il mestiere di ostetrica è una passione profonda. Quasi innata, giacché scorre nel sangue della famiglia da almeno quattro generazioni. Eppure Dýja da ragazza non sognava di seguire gravidanze e parti. Determinante per la sua decisione di lasciare gli studi di teologia è stata l’influenza della sorella di sua nonna, la zia Fífa. Dýja ha sempre amato e ammirato quest’anziana ostetrica dalle idee un po’ eccentriche sul mondo e sulla vita, che ha esercitato per quasi mezzo secolo nel reparto maternità dell’ospedale di Reykjavík, lo stesso in cui lavora adesso Dýja. Qui Fífa, scomparsa da alcuni anni, è considerata un’istituzione, passata alla storia per i completini confezionati a maglia per ogni neonato, le deliziose torte allo sherry, le frasi enigmatiche sussurrate tra le culle. Da qualche tempo Dýja occupa l’appartamento che ha ricevuto in eredità da Fífa. Nonostante l’arredamento antiquato e l’impianto elettrico capriccioso, Dýja esita a rinnovare la casa, come se non volesse alterare la patina dei ricordi. Un giorno, in fondo a un vecchio armadio, ha ritrovato uno scatolone pieno di fogli dattiloscritti. La vita degli animali, La verità sulla luce, La casualità: sono le tre sezioni dell’opera, in apparenza incompiuta, che Fífa ha redatto con il suo tipico stile stravagante, scrivendo di nascita e morte, luce e tenebre, rapporti tra tutte le specie viventi. Più Dýja procede in questa lettura complicata, più le parole che Fífa le ha rivolto prima di morire si fanno chiare e il destino splende di un nuovo significato. Perché ogni tempesta arriva, e passa. E cede il posto nel cielo al fulgore di un’aurora boreale.